La "piccola isola", Omero e gli altri...
Per Victor Bérard, "Nesis" non è una "piccola isola" qualunque, ma proprio "la piccola isola", Nisida. Secondo lo studioso, Omero avrebbe cantato Nisida con questi versi:
"Ai Ciclopi di contra e né vicino
troppo, né lunge, un'isoletta siede
di foreste ombreggiata ed abitata
da un'infinita nazion di capre
silvestri, onde la pace alcun non turba;
ché il cacciator che per burroni e boschi
si consuma la vita, ivi non entra
non aratoreo mandrian vi alberga"
e avrebbe descritto così Porto Paone:
"V'è ben sicuro un porto, nè d'uopo di gomena è quivi,
né con macigni fissare le navi, né a poppa legarle:
basta soltanto lì dentro sospingerle, e attendere il giorno
che di salpare i nocchieri decidano, e soffino i venti.
Proprio nel fondo akl porto, sottessa una cava spelonca,
limpida scorre una fonte, d'intorno vi crescono i pioppi".
Di Nisida si legge in molti autori latini.
Annota Cicerone: "Nonis Quinctilibus veni in Puteolanum. Postridie iens ad Brutum in Nesidem haec scripsi" (Sono venuto a Pozzuoli alle none. L'altrieri andando da Bruto a Nisida ho scritto queste cose) e poi "In Nesida VIII Idus. Ibi Brutus" (a Nisida l'ottavo giorno prima delle Idi. Qui [c'è] Bruto) , e il giorno dopo: "Bruto tuae litterae gratae erant: Fui enim apud illum multas horas in Neside, cum paulo ante tuas litteras accepissem" (a Bruto le tue lettere sono state gradite. Sono stato presso di lui molte ore a Nisida, poco prima che ricevessi la tua lettera). E dopo qualche giorno: "Brutus erat in Neside etiam nunc, Neapoli Cassius" (Bruto era a Nisida anche ora, Cassio a Napoli).
Scrive Seneca: "Itaque quo celerius evaderem, protinus per altum ad Nesida derex praecisurus omnes sinus".
Nella
Naturalis Historia, Plinio osserrva: "Nam quod in Neside Campaniae insula sponte nascitur, longe optimum existimatur" (ciò che nasce spontaneamente a Nisida, isola della Campania, è tenuto in grandissima considerazione).
Anche Stazio parlò di una Nesis "circumflua pelago" e Marziale la cantò come il luogo del tragico gesto di Porzia:
"Coniugis audisset fatum cum Porcia Bruti,
et subtracta sibi quaeret arma dolor,
'nondum scitis' ait 'mortem non posse negari?
Credideram fatis hoc docuisse patrem'.
Dixit et ardentis avido bibit ore favillas.
I nunc et ferrum, turba molesta, nega".
(Quando dello sposo Bruto Porzia udì il fato,
e il dolore le chiedeva un'arma negata,
'non sapete' disse 'che non si può negare la morte?
Avrei creduto che il suo destino ve l'avesse insegnato'.
Disse, e faville ardenti bevve dall'avida bocca.
Va' ora e nega, turba molesta, il ferro)
Nel Medioevo, Beda il venerabile nella sua
Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum tramanda: "Erat autem monosterio Nisidano, quod est non longe a Neapoli Campaniae, abbas Hadrianus vir natione Afer, sacris litteris diligenter inbutus, monasterialibus simul et linguae peritissimus. Hunc ad se accitum papa iussit episcopatu accento Britanniam venire".
Successivamente, Nisida torna nei versi del Pontano. Nella
Lepidina, la prima delle sei
Egloghe si legge:
"O ades summo Iove nata et hudis
Alta nymphae litoribus, reposto
Colle, quam Nesis genuit superbo
Enisa sub antro".
E un canto d'amore innalza Sannazzaro, nell'
Egloga Duodecima dell'
Arcadia:
"Dimmi, Nisida mia così non sentano
Le rive tue già mai crucciata Dorida,
Né Pausillipo in te venir consentano;
Non ti vid'io poc'anzi erbosa e florida,
Abitata da lepri, e da cuniculi?
Non ti vegg'or, più che altra, incolta ed orida?
Non veggio i tuoi recessi e diverticuli
Tutti cangiati; e freddi quelli scopuli,
Dove temprava amor suo ardenti spiculi?"
L'amore tormentato di Nisida e Posillipo è così raccontato nei versi di Bernardino Rota:
"Spiega, e rivolge all'onda pura, e fresca
Pausillipo, ch'ancora piange, e sospira,
E grida. Ahi quanto invan Nisida amasti,
o Pausillipo, un tempo: ahi come spesso,
Mentre ella era a seuir le fere intenta,
Con le tue voci i suoi piacer turbasti.
Ah misero, ah dolente, a che te stesso
Cerchi perder seguendo? Indarno tenta
Ella da te fuggire: or bassoo, or'alto
Corre per tutto il colle e non è valla,
Né sì riposto speco, ove non entre,
Sol per campare dall'amoroso assalto.
Dovunque torce il piè, par ch'alle spalle
Ad ora ad or le sopraggiunga; e mentre
Crede lontan da te correr secura
Ogni fronde, ogni fior, che move il vento,
La fa volger'indietro; e ciò che intende,
Ciò che vede, l'apporta ombra e paura;
E quanto fugge più, tanto più lento
Le pare il corso, e se stessa riprende.
Ahi troppo incauto, ahi troppo fiero, e crudo,
Tu segui chi non fugge? Ove ne vai?
Nisida è giunta al mar, come non vedi
Nisida tua già scoglio orrido e nudo?
Ne fugge più, né più teme omai,
E pur'oltra la segui, e sì nol credi?".
In epoca arcadica, Giovan Battista del Tufo descrive così la "piccola isola":
"Più innanzi ha per custode una isoletta
colma d'ogni piacer Nisita detta
che sol per essa è ferma in mezzo al mare,
notte e dì sempre attenta a vigilare,
ove prender potreste
ogni trastul, che voi donne vorreste,
et a cento di voi maritie figli
gli sarian dati lepori e conigli".
Nel poemetto
Il podere, così dice il Tansillo, rivolgendosi al maggiordomo della famiglia Piccolomini:
"Però Nisida bella assai men costa
al vostro e mio signore; a cui Fortuna
devria far d'oro i sassi de la costa,
o donar tutto a lui, raccolto in una,
quanto tesoro, in queste parti en'quelle,
per le molte arche altrui sparge e raguna.
So che quelle donne valorose e belle
E le persone dotte e virtuose
Non si dorriano si spesso de le stelle;
e Nisida, s'or'è de le vezzose
che cinga il mar da Gadi a Negroponte,
saria de le più ricche e più famose;
la qual, se in quei primi anni ebbe occhi e fronte
dolci come or, non paia strano avui,
che ardesse del suo amor il vicino monte".
E' della seconda metà del 600, un'opera di A. Perucci che contiene questi versi:
"Per Niseta pegliaie dritto la via
La falluca e 'nnauzzatte la bannera;
E Tartarone stea co bezzaria
Tutto 'ncriccato co na bella cera".
Nel suo Viaggio poetico pe' Campi Flegrei del 1813, Giulio Genoino scriveva:
"Nisida che l'indomito
Bruto già tenne; e il vide
Fremere de la Patria
Su le fortune Infide".
Anche molti autori stranieri hanno citato Nisida. Ci limitiamo a ricordane due. Il primo è W.P. Waibliger, giovane poeta tedesco, che nel 1827 la descrive così: "Simile al fanciulletto dalle tonde guancie vermiglie che non osa ancora dilingarsi dalla madre, tu spunti graziosa dal grembo dell'onde scherzose e ti stringi infantilmente peritosa alla tua madre, la terra".Il secondo è Dumas, autore di una novella intitolata Nisida, che inizia così:
Se i nostri lettori, tentati dal proverbio italiano circa il vedere Napoli e poi morire, stessero per chiederci qual'è il momento più propizio per visitate l'incantata città, li consiglieremmo di sbarcare al molo, o a Mergellina, in un bel giorno d'estate e nell'ora in cui qualche solenne processione sta partendo dalla cattedrale. Niente può dare un'idea della profonda e sincera emozione di questo popolo, che ha abbastanza poesia nella sua anima da credere nella propria felicità. L'intera città si adorna e attrae come una sposa per le sue nozze; le brune facciate di marmo e granito scompaiono dietro drappi di seta e ghirlande di fiori; i ricchi mostrano il loro lusso abbagliante, i poveri si acconciano orgogliosamente nei loro stracci. Tutto è luce, armonia, e profumo: il suono è come il ronzio di un immenso alveare, interrotto da migliaia di grida di gioia impossibili da descrivere. Le campane ripetono la loro sonora sequenza in ogni chiave; le arcate riecheggiano lontano le marce trionfali delle bande militari; i venditori di sorbetto o di cocomero declamano le loro assordanti ubertà da gole di rame. La gente si riunisce in gruppi; si incontrano, litigano, gesticolano; ci sono espressioni luccicanti, gesti eloquenti, comportamenti pittoreschi; c'è un'animazione generale, un fascino sconosciuto, un'indefinibile eccitazione. La terra è molto vicina al cielo, ed è facile capire che, se Dio volesse abolire la morte da questo luogo delizioso, i napoletani non desidererebbero nessun altro paradiso.
Abbiamo tratto queste informazioni da "Nisida - storia di un mito dei campi Flegrei" di Vito Cardone, Electa, Napoli 92. La novella di Dumas è riportata sul sito: la traduzione è nostra.
Nell’epoca romana hanno parlato di Nisida autori come Stazio, Plinio che esaltò i suoi asparagi, Cicerone, Seneca.
Cicerone, nelle Lettere ad Attico, dice di essere stato a Nisida ospite di Bruto. Pare infatti accertato che Bruto abbia costruito qui una sua residenza estiva e che sia stata organizzata in questo luogo la congiura contro Cesare. Cassio aveva una villa poco lontano.
Nel periodo angioino, Nisida divenne un luogo di dimora ricercato. Anche Boccaccio, nelle opere del periodo napoletano, descrive Nisida come un’isola abbondante di conigli. Qualcuno dice che anche la regina Giovanna vi abbia fatto costruire una casina di caccia.
L’interesse suscitato da Nisida tra gli autori del ‘400 e del ‘500 è dimostrato dai riferimenti all’isola presenti nell’opera di Pontano e Sannazaro, che vi hanno ambientato alcune loro opere e l’hanno rappresentata come una Ninfa, figlia di Nereo, nata dal mare.
Anche autori stranieri come Cervantes si sono ispirati all’isola. Egli infatti, ha scritto un racconto in cui parla di Nisida come di una donna napoletana bellissima che fa innamorare di se due giovani amici. In questo racconto Nisida diventa espressione di fascino e di nostalgia e dimostra come il ricordo di Napoli del grande autore fosse legato anche a quest’isola.